Estratto da NetCrash per Bigjump

da NetCrash

di Mark Ellero

L’Internet delle grandi cloud rischia il collasso. Gli hacker la salveranno?

ORA ZERO
Praga, quartiere Žyžkov
07:27 del 27 gennaio 2015 (UTC)

Józef jabo Chabowski picchia svogliato sulla tastiera del portatile. Canticchia un motivetto che l’iPod gli spara nell’auricolare. Decibel di pura techno. Rintanato nel suo spoglio monolocale di Žyžkov, siede a cavalcioni di uno sgabello davanti a un tavolaccio appoggiato a due cavalletti di legno. Fuori la notte è appena trascorsa e la penombra sfuma i contorni del mobilio quasi inesistente. Józef non ha mai avuto una gran passione per l’arredamento. Come per tante altre cose. La sua sola passione è programmare. E scopare, naturalmente.
Quando il dito medio cala sul tasto “punto”, il punto si materializza sullo schermo, ma Józef quasi non lo vede, concentrato com’è sulla musica. Quel punto non è il semplice punto che indica la fine di una frase. No, perché ciò che Józef sta scrivendo non è un testo normale, ma istruzioni per computer. E le istruzioni sono sbagliate, perché il “punto” lì non ci va. Per niente.
Routine. Semplice routine quotidiana. Lo fa ormai da mesi, è uno delle migliaia di collaboratori della canadese Sysweb, una delle centinaia di società cui la Pangeya Corporation subappalta alcuni lavori che servono al funzionamento del più grande motore di ricerca del mondo.
Il polpastrello preme “invio” e le macchine remote obbediscono. Un lampo improvviso gli schiarisce la mente obnubilata di Józef Chabowski. Troppo tardi. Strappa il cavo che lo interconnette a Internet, ma serve a poco, perché il suo comando è già stato recepito da un server lontano migliaia di chilometri che in pochi millisecondi lo ha reso operativo.
L’apocalisse sta per scatenarsi e Józef non può farci proprio nulla.

RADICI
10 gennaio 2015 – Dal New York Times
“Il nuovo volto di Internet”

Sono trascorsi solo tre anni ma pesano come lustri. Il 2012 sarà ricordato come l’anno in cui gli equilibri societari delle grandi Internet company vennero stravolti da una serie di accadimenti economico finanziari innescati dai rigurgiti di una crisi mai sopita, alimentati dall’eccesso di capitalizzazione di troppe società e cavalcati da speculatori senza scrupoli.
Era il 10 gennaio 2012. L’improvviso crollo dei listini del NASDAQ innescò una catena di reazioni sui mercati, agendo da catalizzatore a processi che erano stati incubati negli anni precedenti. […] Alla fine il panorama delle Internet company ne uscì modificato nel profondo.

CREPE
Oregon, Stati Uniti, data center Pangeya, 2 marzo 2013, ore 11:19
2 anni prima dell’ora zero

Il nuovo data center di Pangeya entra in funzione in sordina. Niente giornalisti, niente autorità, niente comunicati stampa, niente post sui blog. Ma le migliaia di server sono tutti accesi e pronti a prendere il loro posto nell’enorme disegno della nuvola di Pangeya.
Nuvola è una parola che evoca candori infantili e morbidi abbracci materni. Qualunque cosa sia custodita dalla nuvola non può che essere al sicuro. La nuvola non si rompe mai, non può rompersi, per definizione. I tuoi dati sono nella nuvola. Non sai dove, ma non ha importanza. La nuvola, per definizione, non può essere malvagia, è imparziale e saggia come un dio dell’Olimpo. La nuvola è silenziosa, non è invasiva, non produce scorie, è ecologica. La nuvola è la grande madre, è l’utero del mondo, la custode suprema della nostra memoria…
Cazzate. La nuvola è opaca, grigia e gravida di pioggia. La nuvola è sporca. La nuvola esiste perché qualcuno ci guadagna, e molto. La nuvola è proprietà privata. E funziona perché tu “sei” il business della nuvola.

Atlanta, Stati Uniti, Centro Controllo Rete Interglobal, 17 dicembre 2014, ore 01:19
Un mese prima dell’ora zero

Quando il cicalino dell’allarme supera il brusio di fondo che staziona sulla grande sala controllo, una decina di teste si sollevano dai monitor per puntare lo sguardo sull’enorme schermo centrale che riproduce una mappa stilizzata del mondo. Nel settore che include il Medio Oriente e l’Asia Centrale, la spessa linea che parte da Al Fujaurah, negli Emirati Arabi Uniti, e si incunea nel Golfo di Oman fino a giungere a Mumbay in India attraverso il Mare Arabico, fino a quel momento è stata verde. Ora è invece di un rosso acceso intermittente. Quella linea rappresenta il GBICS, il grosso cavo sottomarino in fibra ottica della Gulf Bridge International in grado di trasportare la bellezza di 5,12 Terabit al secondo, uno dei più capaci del mondo.

CROLLO
San Francisco, Stati Uniti, NOC di Chatweet, ore 01:47
3 ore e 20 minuti dopo l’ora zero

In Europa è notte fonda e al momento il problema è circoscritto, ma fra qualche ora, quando in Nord America apriranno gli uffici, l’ondata di traffico si riverserà sulle nuvole. Il problema potrebbe amplificarsi, travolgendo il sistema con un piena difficile da arginare. Un evento solo ipotizzato dai guru delle nuvole, ma mai verificatosi. Dunque, dalle conseguenze imprevedibili.

Milano, sede operativa Iltuocarrello.com, ore 10:08
2 ore e 41 minuti dopo l’ora zero

– Allora, che cazzo sta succedendo? – Ecco, la solita tipica inutile domanda che fa imbestialire i sistemisti. Anche se te la fa l’amministratore delegato, che forse qualche diritto ce l’ha di volerlo sapere, rimane una domanda molto irritante.
– Credo che Cyrrus C2 abbia qualche problema.
– Controlla di nuovo.
– L’ho fatto tre volte.
– Contattali e chiedi se hanno problemi.
– Già fatto. Non mi rispondono.
– Non hai un altro numero?
– Qui non ci sono numeri di telefono da chiamare. Solo trouble ticket da aprire via mail o web.
– Non è possibile! Non abbiamo un accidenti di telefono cui rivolgersi in caso di emergenza?

MACERIE
Venezia – 28 gennaio 2015, ore 11:48
1 giorno e 4 ore dopo l’ora zero

– Non credo che il Clan abbia bisogno di me. La gente in gamba non vi manca. Perché proprio io?
– Perché sei il migliore. Non ti basta?
– No.
– Ok. Fort Meade, Maryland, luglio 2013, sottrazione e diffusione di documenti riservati da un server interno della NSA, quegli spioni sono ancora incazzati come delle iene. Cheltenham, Gran Bretagna, febbraio 2014, sottrazione e diffusione di documenti riservati da un server della GCHQ, l’equivalente britannico della NSA, un altro branco di guardoni digitali. Washington, settembre 2014, violazione dell’infrastruttura interna del DCAC, quei simpatici spioni informatici dell’FBI. – Pausa. – Devo continuare?

RICOSTRUZIONE
West Coast, Stati Uniti – 30 gennaio 2015, ore 10:38
3 giorni e 11 ore dopo l’ora zero

– Frisco Systems, buongiorno.
– Non proprio, direi.
– Con chi desidera parlare?
– Reparto sviluppo software.
– Chi parla, scusi?
– Gli dica che abbiamo la soluzione.
– Il suo nome prego.
Evilcloud.
– Può ripetere?
Evilcloud. Gli dica che abbiamo la soluzione.

– Sono Jeff, in cosa posso essere utile?
– Se non sei dello sviluppo software, puoi fare poco.
– Sono Jeff Donner dell’assistenza clienti.
– Appunto. Allora, Jeff, passami il reparto sviluppo software.
– Non sono autorizzato, signore.
– Jeff, ti spiego come stanno le cose. Noi abbiamo la soluzione. Sappiamo perché il SuperNAT è collassato, e se non vuoi che il tuo capo ti prenda a calci nel culo fino a Santa Monica quando saprà che hai fatto lo stronzo, ti conviene passarmi il reparto sviluppo software.
– Vedo cosa posso fare. Il suo nome, signore?
Evilcloud.
– Resti in linea. Ci vorrà un po’.

– Senti un po’, evilcloud del cazzo, non ti conosco ma se sei in vena di scherzi ti garantisco che ti faccio passare la voglia. Cos’è questa storia del SuperNAT?
– Io sono evilcloud, tu chi sei?
– Biancaneve. E ora hai sessanta secondi per convincermi che è utile stare ad ascoltarti. Sessanta, non uno di più.​

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